giovedì 2 dicembre 2010

I dolci del Paradiso


I dolci del Paradiso in Alentejo sono celebri tanto quanto quelli di Celas tra Douro e Beiras; celebri quanto le preghiere delle monache e i miracoli dei santi; celebri come la tradizione dei pizzi. Ce ne sono confezionati con ogni tipo di frutta, impasto, combinazione, forma e specie. Grandi da riempire il piatto, fatti come di pan di spagna alle mandorle e all'uovo, leggeri come spugna, odorosi all'olfatto e vaporosi e freschi al palato. Coperti di glassa di zucchero, con granuli rossi e rosa, prendono il nome di bolo real, al centro della tavola di tutti i matrimoni poveri e ricchi della provincia.
Ci sono poi quelli piccoli, di zucchero e mandorle, e un filo di marmellata o una sorpresa di liquore nascosta in pancia, quelli che imitano i formaggi (queijinhos do céu), i prosciutti, le conchiglie, la frutta, gli stemmi, i ferri da lavoro, gli edifici.
Con ingredienti semplici, zucchero, farina e uova, arricchiti da questo o quel tocco speziato, non si può armonizzare più finemente i sensi o ricevere, da una sensazione effimera, un prodigio maggiore di delizia immortale.
Per quale singolar mistero la clausura, che proibiva alle donne di consolarsi con la seppur minima lubricità, ha lasciato loro solo questa dei dolci, come valvola di sicurezza contro pratiche più pericolose e contagiose distrazioni?
Perchè non occorre essere astuti indovini per riconoscere, in certi dolci, ricette del Demonio.

Fialho de Almeida

venerdì 5 novembre 2010


Vanna Vinci, La Bambina Filosofica

lunedì 25 ottobre 2010

Piccola postilla su Dona Lourdes

Dopo il giretto per le isole con Alberto, l'ultima sera sono tornata al Peter a salutare tutti. Ovviamente sono stata immediatamente aggiornata dalle cuoche sulle vicende accadute in mia assenza. Il fatto più drammatico è avvenuto quando dona Lourdes, stanca di sentirsi chiamare Radio Antena Nove (la radio dell'isola), è volata al collo di Dona Isabel.
È successo che Dona Bel era in cucina, è squillato il telefono e lei ha risposto; era Simone, che quella sera non stava bene, era rimasta a casa e voleva sapere se tutto stava procedendo bene in cucina. Bel ha detto che sì, tutto liscio, poca gente, bla bla bla, Radio Antena Nove l'indomani sarebbe entrata alla tale ora ecc.
Ormai tutti l'avevano ribattezzata, insomma, dopo un po' che dai un nomignolo (anche cattivo) a una persona, non ci pensi più, lo usi con scioltezza, non fa neanche più ridere.
Sta di fatto che Lourdes si sente nominare per l'ennesima volta in quel modo, non ce la fa più, corre dalla sua postazione-patate verso l'ignara Bel che parla al telefono, la afferra per il collo e grida: non mi chiamo Radio Antena Noveeeee!!!! Scuotendo la sua vittima e avvicinandola pericolosamente alla griglia incandescente.
E bom. Bel inizia a gridare e a dimenarsi, Simone dall'altra parte del telefono si spaventa a morte, e tutte addosso a quel gatto furioso di Dona Lourdes per liberare Bel.
Insomma, un po' mi mancano...

giovedì 14 ottobre 2010

Di navigazioni accidentate e viaggetti mossi

Questo post ho iniziato a scriverlo in nave, poi ho dovuto smettere perchè mi veniva da vomitare (onde lunghe e cavalloni insieme), e non l'ho più continuato.

Siamo al porto di Praia da Vitória, isola di Terceira, sulla nave che ci porterà all'isola di Graciosa. Se calhar. Forse.
Sono stati giorni di vacanza all'insegna di incertezza, false partenze, onde alte, piogge e cambi di programma. Tutto questo fa apprezzare di più il riuscire a mettere i piedi finalmente su un'isola e girarla anche solo per poche ore.
Flores.
Partiamo lunedì mattina da Horta per prendere il nostro aeroplanino diretto a Flores, l'isola più occidentale di tutte. Io sono in fibrillazione, finalmente dopo due mesi metto il naso fuori da Faial. Alberto è rilassato e soddisfatto. Ma dopo un po' di attesa all'aeroporto ci dicono che il nostro turboelica non parte, a Flores le condizioni meteorologiche sono pessime. Tutti i voli della giornata vengono cancellati e noi ci riproviamo il giorno dopo. Il giorno dopo riusciamo a partire e ci facciamo l'atterraggio più spettacolare della storia, con l'aereo inclinato (forse per non farsi portare via dal ventaccio che prova a insinuarsi sotto l'ala...) e a velocità smodata (per fare una citazione colta). Va bene, siamo vivi e siamo a Flores. Stupidamente non ho prenotato una macchina prima della partenza e il risultato è che sull'isola non ci sono più macchine da affittare. I turisti che dovevano uscire dall'isola non ci sono riusciti, ma bastano quelle 80 persone in più (i passeggeri del nostro volo) per far collassare il precario sistema turistico azzorriano.
Non importa, giriamo in taxi, costa solo un po' di più, ma non troppo.
Così la mattina successiva il nostro taxi driver César Fonseca ci lascia su ai laghi. L'accordo è che ci sentiamo nel pomeriggio, noi facciamo un giro ai laghi, poi scendiamo giù a piedi fino al mare, alla città di Fajã Grande. È un po' lunga ma è tutta in discesa.
Nuvoloni grigi minacciano pioggia, ma almeno fa caldo e non c'è vento. Appena scendiamo dalla macchina in mezzo ai prati verdi, appena César fa manovra e se ne va, veniamo investiti da un muro di pioggia che vediamo letteralmente arrivare, sentiamo passare sopra di noi e dopo due minuti allontanarsi. La prendiamo allegramente, giriamo tutti e quattro i laghi (lagoa Funda, lagoa Comprida, lagoa Branca e lagoa Seca) tra sentieri fangosissimi, senza incontrare anima viva (ma dove sono tutti???), investiti ogni dieci minuti da una secchiata d'acqua. Quel posto (una via di mezzo tra la Scozia e il Vietnam) è talmente bello che non ci si può lamentare. E poi giù, sulla strada asfaltata, sotto un bel sole caldo, fino al mare, con l'intenzione di farla tutta, senza fretta, senza chiamare un taxi, né fare l'autostop. Dopo soli tre chilometri veniamo caricati in macchina da un signore (senza che avessimo chiesto nulla...), che va proprio dove volevamo andare noi (non c'è molto da scegliere) e che dopo un chilometro carica su anche un altro tizio che sta cercando le sue due vacche (che non erano più nel prato dove le aveva lasciate). A Fajã Grande ci si svacca un po'. Baretto, caffettino, Alberto addenta un pezzo di pizza al bacalhau (???!!!). Buonissima. Poi bagnetto (io no, colpa del venticello bastardo che quando esci dall'acqua ti secca, preferisco la birretta al bar di fronte).



Dalle Azzorre sono tornata da quasi 2 mesi ('fanculo alla tizia che mi ha detto: dai? ...azzorre?! ma dov'è caduto quell'aereo a elica qualche anno fa!) e sembrano lontanissime. In effetti lo sono, in tutti i sensi! E allora parliamo d'altro, no? Sono felice.

venerdì 13 agosto 2010

11 agosto
Sto contando i giorni che mancano alle mie meritatissime vacanze e all'arrivo di Alberto, allo stesso tempo però so che coincidono con gli ultimi dieci giorni qui. E poi a casa, a Torino e alle solite cose, e speriamo anche a qualcosa di nuovo. Sono appena uscita da quell'inferno di cucina, è mezzanotte passata. Questa è la settimana peggiore, come preannunciato da tutti; ogni anno la prima settimana di agosto al Café Sport è tutto tranquillo, perché coincide con la Semana do mar. La città si riempie di bancarelle e di stand gastronomici regionali, tutte le sere ci sono concerti, insomma, c'è vita. Tutti sono in giro a non farsi scappare l'occasione di mangiare carne di touro bravo, formaggi e prosciutti da paura e mille porcherie, quindi nessuno viene a mangiare al Peter's.
In effetti così è stato. Una bella settimana, di lavoro, sì, ma dosato bene. In quell'inferno di cucina abbiamo trovato perfino il tempo di ridere e dire stronzate, di cucinare senza ammazzarci di gomitate per accaparrarci spazio vitale per guarnire un piatto decentemente.
Siamo anche riusciti ad ubriacarci. Giuro che non avevo mai lavorato da ubriaca prima d'ora, e credo che non lo farò capitare più. È successo che il capo, quel sabato lì, data la situazione tranquilla, si è preso famiglia, amici e barchetta e se n'è andato alla festa di S. Roque, sull'isola di Pico. Ed ecco che, via il gatto, quattro furbetti del bar decidono di ballare alla grande. Tequila, sale e limone per tutti. Ore 19. Non ne avevo tanta voglia ma la situazione era troppo divertente, quindi anche io mi sono tirata giù il mio shot. Dopo dieci minuti le gambe sono diventate di legno, un rincitrullimento imbarazzante, ma rincuorante vedere che tutt'intorno le squinzie dei fornelli erano più devastate di me (questo perché per fortuna avevo mangiato latte e nesquik coi cereali prima di uscire di casa). In tutto questo la signora Lourdes (la pazza, vedi post precedente) osservava di sbieco dagli occhiali spessi, pelando patate ed emettendo suoni da avifauna ad ogni risata. Se la sarà vista brutta quando, salita su una scala per sistemare una pentola in un ripiano alto, Cleide (la più rovinata) la afferra per le gambe e, scuotendola, grida: “attenta Dona Lourdes!! Il terremotooo!!! Si tenga forteee!!!” ...Dona Lourdes, non più una ragazzina, inizia a miagolare qualcosa di incomprensibile con quella voce da perpetua e si tiene forte, una scena crudele ma bellissima.
Questa lunga parentesi sulla settimana tranquilla serviva per parlare della settimana caotica, cioè questa.
Non ho più voglia di lavorare, ho voglia di girarmi queste isolette che ho intorno. E ancora una volta la mia isoletta, quando arriva Alberto. Ma per questo bastano mezza giornata e una macchina.
Perchè le Azzorre non sono una meta turistica se sono così belle? Perchè sanno come far saltare i nervi a chiunque cerchi timidamente di esplorarle. Ora, non dico il tamarro cerebroleso che ha bisogno della vacanza organizzata, di ombrellone, discoteca, animazione e doccia calda in spiaggia...certo, lui qui morirebbe di tedio. Parlo di una persona normale, che ha voglia di conoscere e che ama la natura (anche perché qui oltre alla natura non c'è un bel niente. Ah, sì, il Peter's), che si adatta abbastanza alle situazioni... insomma, io. Nessuno qui che decida di mettere due barche in più a girare per le isole durante l'estate? No, neanche a parlarne. Arrivi su un'isola e ci devi crepare una settimana (dico crepare perché isole come Corvo e Flores si girano in un'ora, e dopo che hai girato che fai?? Leggi in spiaggia, sì, ma potevi farlo anche a Bordighera). Poi con calma vengono a riprenderti e puoi tornare a casa, o andare da qualche altra parte.

12 agosto
Questa sera il capo è impazzito, ogni tanto sbrocca, ma stasera ci ha dato proprio dentro. Arriva in cucina, è teso, inizia a chiedere se va tutto bene e se riusciamo a stare dietro a tutto, ma se per caso qualcosa ritarda a uscire dalla padella impazzisce, perde il controllo. Inizia a balbettare pericolosamente, ripete tutto tre volte come se stesse facendo il tifo allo stadio, ma arrabbiato, tipo: “per che tavolo è questo? Per che tavolo è questo? Per che tavolo è questo? La bistecca, la bistecca, la bistecca! L'insalata va con questo? L'insalata va con questo? L'insalata va con questo? Sale speciale, sale speciale, sale speciale”. Insomma un martello. Il sale speciale è un intruglio che fa lui, con sale e pepe e altro, che distribuisce generosamente su ogni piatto. ...E quando si infuria io smetto di comprendere, perché balbetta e si mangia le parole. Resto lì, lavorando sveltissima ed efficiente, in attesa di non sentire mai pronunciare il mio nome. Stasera dopo ripetute sfuriate si è calmato (ma io non lo sapevo ancora...), è arrivato in cucina e ha detto “Giada!” con quella voce tuonante... “ci sono due italiani di là, gli ho detto che abbiamo una cuoca italiana, e che sei stata tu a colorare di nero la pasta, ahahahahah!!!”.
Abbiamo in menù la pasta al nero di seppia con sughetto di gamberetti e porri. Buona. Un po' scottina, naturalmente, non ce la fanno a scolarla al momento giusto, niente da fare.
E comunque la tensione si è sciolta.
Fa specie quando il capo ride, perché succede di rado. Ma quando ride sembra la caricatura del più classico dei marinai pescati dall'immaginario collettivo (o solo mio?): uagh uagh uagh! Una roba del genere. Mi fa scassare.
Ma torniamo al turismo nelle isole.
Il primo giorno qui a Horta, entro nell'ufficio del turismo per fare un po' di domande riguardo ai mezzi per muoversi sull'isola. Sì, c'è un pullman che attraversa la città e arriva fino alla spiaggia di Almoxarife, ecco gli orari. Uno la mattina e uno alle sei del pomeriggio. E poi? E poi basta. E se volessi andare a vedere il cratere, nel bel mezzo dell'isola, o Ponta dos Capelinhos? Sì, ci sono i taxi. Ma costa un sacco! Sui trenta euro, andata e ritorno, se ti fai aspettare, altrimenti vai, poi provi a chiamare un altro taxi che ti venga a prendere, ti costa meno. Ah. E se per qualche ragione non riesco a chiamare il taxi passo la notte sulla lava a picco sull'oceano?
Oppure affitti una macchina, è il modo migliore per girare.. Sì, ma io rimango qui due mesi, mi piacerebbe riuscire a muovermi spesso, andare qua e là, un pomeriggio ogni tanto... Iiiihh...ma se stai due mesi fai amicizia, vai in macchina con gli amici!!! Consiglio professionale dell'operatrice turistica. Ho sperimentato sia la modalità affitto-auto in solitaria che quella della gita con l'amica e con la sua macchina. Belle entrambe, ma poco immediate. Non può saltarti in testa di andare a fare un giro qui o là, al volo, se hai due ore libere. Devi pianificare. Dopo un mesetto di senso di oppressione, tipo mosca intrappolata nel bicchiere, ora sono tranquilla e mi basta Porto Pim, la mia spiaggia.

martedì 3 agosto 2010

venerdì 30 luglio 2010

Dopo il primo mese

E insomma, un mese è passato, a momenti volando a momenti così lento da farmi diventare pazza.
Solo dopo un mese comincio a stare bene. Mi sto abituando ai ritmi lenti, al nulla che c'è intorno, ai lunghi pomeriggi che passo da sola tra il turno del mattino e quello della sera.
Mi sto abituando anche a questo lavoro e alle persone che lavorano al Cafè Sport.
Durante il fine settimana - in realtà durante l'unico giorno che ho libero - mi ricarico e cerco di incamerare tutto l'ossigeno possibile per poter reggere la settimana che viene.
Il lavoro è pesante fisicamente, d'accordo, ma a volte anche gratificante. Posso vantarmi infatti di aver portato qui: pasta alle sarde alla siciliana, cannelloni ricotta e spinaci, arancini, crostata alle fragole e alla nutella,nonchè un'inaspettata salsina agrodolce per accompagnare i banalissimi tacos o nachos o doritos che dir si voglia (le patatine di mais), già gia.
Di ritorno un mare di ricette, alcune del Portogallo continentale, altre delle isole, cercando di lasciar fuori quelle più contaminate e internazionalizzate.
Ho acquisito uno stile da cuoca incazzata, il mio portoghese si sta perfezionando ma è un portoghese zeppo di scivoloni sulle pronuncia regionale (nooooo!!! non volevoooo!!!), in cui le e diventano o, per esempio, ed è un portoghese urlato, perchè altrimenti in cucina nessuno ascolta, branco di asini.
"Tavolo 2,!!!!" ..."ou, questa zuppa è qui da tre ore, ormai è fredda, e poi è colpa delle cuoche che sono lente, vai e scaldala, muoviti!" .... " come a che tavolo va questo piatto, sai leggere? hai fatto le elementari?" Insomma, è una parte che si recita, poi in realtà sono gentile con i camerieri diciassettenni, ma è troppo divertente urlargli dietro. E poi la cuoca italiana (con l'accento inconfondibile e il gesticolare continuo è una caricatura; e a me piace questa parte, la trovo divertente. All'inizio tutti volevano imparare l'italiano, era una sfilata di gente che veniva in cucina a dire "Buongiorno principessa!" "Pomodoro! pomeriggio!" "Penso che un sogno così non ritorni mai piùùùùùùùù..." e via dicendo. Ora la febbre dell'italino è quasi passata e finalmente tutti pronunciano bene il mio nome.
Lavoro con due cuoche brasiliane, una furiosa e velocissima, sempre incazzata, l'altra lenta da farmi saltare i nervi, così enorme e ingombrante che quando c'è da correre e te la trovi tra i piedi è davvero un problema. E poi ci sono tre aiutanti, Maria, una signora di Madeira che lava i piatti (è la mia preferita), Lourdes, una signora pazza che sbuccia patate e tutto il resto e quando ride sembra un gallina (un po' a odio e un po' mi fa tenerezza), un esercito di camerieri tra i 15 e i 40 anni, José, il muto, che fa i lavori pesanti e le pulizie e tutti gli altri.
L'isola è il Cafè Sport, quel posto è il centro vitale di tutto, dove tutti si trovano, anche gli isolani, che dicono di odiarlo, ma tanto gira e rigira son sempre tutti lì.
Ci sono anche altri posticini carini in città, il mio preferito è il Caffè di Porto Pim, dietro casa, dove vengo sempre a prendere il caffè l mattina e dove in questo momento sto scrivendo.
È la mia base operativa, arrivo qui attrezzatissima, portatile e cuffie, e via con le chiamate Skype e le e-mail. A seconda che ci sia il sole o no il proprietario arriva nel dehor dove son seduta e mi sistema bene l'ombrellone per farmi ombra; sono gentili.
In generale sono tutti gentili, solo un po' tanto chiusi, ma va bene così.

venerdì 16 luglio 2010

o Pico


...o Pico, così lontano che la luce lo attraversa, così vicino da entrare da tutte le porte. Veramente, sembra un effetto magico di luce, un fantasma messo lì di proposito per illuderci e basta. Prende tutti i colori: ora è violetto, poi diventa rosso. In ogni momento una nuova trasformazione. Tutto il cielo dorato e o Pico viola. Pomeriggio, e la luna enorme che nasce dietro quel muraglione immenso che arriva al cielo. È maestoso e magnetico. È lì presente come un'onda gigante che sta per investire Faial. Questa sera è come un sogno: il cono molto nitido emerge dalle nubi bianche che lo avvolgono e che sembrano elevarlo in trionfo al cielo. … Se io vivessi qui vorrei una casa e un letto da cui poter vedere solo o Pico. Mi riempirebbe la vita.
Raul Brandão, As ilhas desconhecidas, 1924.

mercoledì 30 giugno 2010

HORTA, 30/06/2010




Finalmente qui.
Sono passati i primi quattro giorni ma mi sono sistemata solo ieri.
Domenica arrivo, prendo un taxi, scendo davanti al Peter's (che alla fine esiste davvero), entro e vado incontro sorridente al proprietario (che riconosco perché sul sito c'è la foto).
Lui mi guarda, sorride, alza gli occhi al cielo e dice: noooo!!! mi ero dimenticato che era oggi!!!
E inizia così l'avventura azzorriana.
Chiamiamo la signora Maria de Fatima Felix che mi affitta la casa, questa arriva col marito, mi caricano in macchina e mi portano su su su, che più in alto non si può, tra prati verde irlanda e mucche libere. La casa è un stanza minuscola, con un bagno e basta. La cucina? Eh, no.. 150 euro, cosa puoi pretendere...Giusto. Basta quel fornetto a microonde lì. Tanto mangi dal Peter's, no?
Eh...
Sistemo le mie cose, ma non tutte tutte, faccio solo finta perché già me lo sento che non starò lì per molto tempo... Vado a fare il giro di perlustrazione della città.
Fatto. Dopo un'ora e mezza, inclusi venti minuti di cuore a mille e muscoli tesi sulla strada per tornare lassù, ho girato tutta Horta.
Nel frattempo sono riuscita a tornare da Seu Zé (così si chiama il capo) per dirgli che quel posto è impossibile e che non posso fare una vita così per due mesi. Ecco.
Dice che ho ragione, hanno cercato troppo in fretta e non si sono resi conto di quanto fosse scomodo.
Lunedì mattina entra in azione Ana Luisa, la nipote del capo, che sente un'amica di sua madre che ha delle stanze. Fatto, martedì mi trasferisco, torno a zero metri s.l.m. Nel quartiere di Angustias (no,non è come sembra), tra la marina di Horta (dove lavoro) e Porto Pim (dove vado in spiaggia. Antonio Tabucchi ha scritto un racconto su Porto Pim, lo trovate più giù).
E insomma l'umore ha cominciato a migliorare.
Ieri ho iniziato a lavorare. Mi aspettavano là in cucina, si faceva un gran parlare di questa italiana.
Tutti quelli che ho incontrato fin'ora mi hanno chiesto di cucinare pasta e pizza e di insegnargli un po' di italiano.
Ogni giorno devo decidere un piatto italiano da mettere nel menù, ieri è stata la volata della pasta all'amatriciana e ha spaccato. Oggi pasta con le sarde, l'uvetta e il finocchio selvatico, di cui l'isola è ricoperta. Fa ridere, perché vanno in delirio, sto acquisendo autorevolezza nella cucina del Café Sport, diciamo...
Sto imparando a fare anche un sacco di cose, per ora soprattutto dolci.
Sono tutti gentili e disponibili, anche se la sera, all'ora di cena, non c'è più spazio per sorrisi e complimenti, è l'inferno e volano coltelli e insulti (io non sono ancora stata colpita).
C'è tanto da fare, si corre, mi dà l'idea che non siano il massimo come organizzazione, ma capisco anche quanto sia difficile stare dietro a tutte quelle ordinazioni. Tra il caldo, il fumo di carne e pesce che grigliano in continuazione, i mille input al secondo che arrivano, i vaffanculo che volano tra cuochi e camerieri ieri sera, verso le 22:45, a un quarto d'ora dalla fine del turno, ho pensato di lasciarci le penne; ho voluto dare un segno della mia stanchezza lanciando un piatto per terra.

Foto 1: spiaggia di porto pim (dove non ho ancora fatto il bagno perché l'acqua é fredda)
Foto 2: Marina da Horta (di fronte a dove lavoro)
Foto 3: Vulcano di Pico (l'isola di fronte) dalla salita per tornare alla vecchia casa

domenica 13 giugno 2010

Ma scopriamo qualcosa in più di queste misteriose Azzorre. Con il traduttore Google?

Il Azzorre hanno un clima sub-tropicale marittimo vivendo caldo a temperatura mite tutto l'anno con precipitazioni moderate. Di giorno in giorno è caratterizzato dalla mutevolezza del tempo, ma tutto l'anno le modifiche sono piccole e graduali. Gli inverni sono più fresche e più caldo, ma le estati più calde e più fredde le temperature sono molto più blanda che in altre località alla stessa latitudine, per esempio Lisbona e Philadelphia. C'è una grande varietà regionali in condizioni meteorologiche a causa della topografia delle isole, che è montagnosa a causa della loro origine vulcanica. Seduto nella cintura degli uragani nell'Oceano Atlantico. Le isole sono suscettibili di uragani tra agosto e novembre. Un colpo è molto raro, ma le isole sono ancora colpite dal maltempo causata dal passaggio di questi sistemi distruttivi.
Le Azzorre sono una regione autonoma della Portogallo,Uno dei due, l'altro è Madeira. E non è neanche lontanamente Portogallo. Tuttavia, seduto 1500 km a ovest di Lisbona nell'Oceano Atlantico settentrionale. La ricca storia delle isole, a causa della loro importanza come porto di scalo per le navi che attraversano l'Atlantico del Nord, ha portato Angra do Heroísmo, una città Terceira Isola, Per essere classificata come Patrimonio Mondiale dell'Umanità dall'UNESCO.
Estate, da luglio fino a settembre, è caldo ma non a disagio con alti medi negli anni '20 a metà. Le piogge inizia al minimo per l'anno, ma aumenta per tutta la stagione ed è generalmente imprevedibile. Luglio e agosto vedere circa sette ore di sole al giorno, ma questo è spesso condivisa tra i giorni di sole senza fine e un paio di giorni di tempeste. Con 84 millimetri di pioggia che cade alla fine della stagione, settembre riceve due volte la quantità di pioggia agosto. La pioggia cade spesso in tempesta e, sospinto da venti nord-est, è più pesante nelle regioni nord-est e in montagna. Gli uragani sono possibili durante tutta la stagione, ma il rischio è più alta in agosto e settembre.
Autunno, nel mese di ottobre e novembre, riceve calde giornate piacevolmente con l'alta temperatura media a 21°C in ottobre e 18°C in novembre. Notte volte diventare cool, aumenta di molto i livelli di precipitazioni persistenti e le pelli dom sedere le nuvole più a lungo e più a lungo ogni giorno. Novembre è solo più umida seconda a gennaio da 2 mm, visto 133 millimetri di pioggia in media, che cade su oltre la metà dei giorni del mese.
Inverno, da dicembre a marzo, è molto mite, ma davvero molto triste. L'alto medio non essere inferiori ad una molto ragionevole 16°C, e la bassa media non scenda sotto 10°C. Neve e gelo sono sconosciuti nelle pianure costiere. Ma in dicembre e gennaio il sole sorge solo per circa tre ore al giorno, e può piovere su un massimo di venti giorni in un mese. Vento forte che soffia da ovest e piogge concentrarsi su questi lati sud-ovest delle isole, e spesso la frusta fino tempeste di grandi dimensioni che rendono mare molto pericoloso. Comunque, inizia l'inverno con la fine della stagione degli uragani e le tempeste di questi sono da preferire ai cicloni tropicali.
In primavera, da aprile fino a giugno, le condizioni meteo migliorare costantemente. Gocce di pioggia, quasi sempre a livelli luglio da giugno, e il sole comincia finalmente a splendere di nuovo. Il mare rimane agile per tutta la stagione e gli alti di giorno non si ottiene nel '20 fino alla fine di giugno.
Alti livelli di precipitazioni e una predisposizione agli uragani rende il suono come Azzorre Caraibico Isole . Ma mentre mancano il blu dei cieli infiniti Caribbean Caraibico summer, condividono il loro verde paesaggio verdeggiante e hanno un basso livello preferibile per tutto l'anno di umidità.Il periodo migliore per visitare il Azzorre è tra giugno e agosto, quando le temperature sono alte e precipitazioni è bassa. Gli uragani sono in realtà non molto probabile, in qualsiasi periodo dell'anno, ma è meglio sempre controllare su attività di uragano nella zona prima di un viaggio verso le isole.
Le condizioni meteo di cui sopra sono rilevanti per la bassa e le zone costiere delle Azzorre, come Ponta Delgada Ponta Delgada on Sao Miguel, or Madalena on di Sao Miguel, o su Madalena Pico Pico Isola. Più in alto tra le montagne basse temperature devono essere osservate in tutte le stagioni, nebbia e nebbia di tanto in tanto le forme e la neve non è ignota nei mesi invernali, in particolare sul picco of di Pico Pico Island Isola 's volcano. 'S vulcano. A causa del vento nei mesi più umide provenienti da ovest, le aree occidentali sono molto più piovosi regioni orientali. Le zone più aride dell'Est riceve circa 700 mm di pioggia all'anno, mentre il più piovoso regioni occidentali ricevere un enorme 1.600 millimetri l'anno. Il tempo ventoso crea le condizioni perfette per la vela e il windsurf.
Le temperature miti che si ricevono tutto l'anno sono dovute alle acque delle Azzorre location 'il caldo Gulf Stream Corrente del Golfo. Corrente del Golfo è anche noto per essere ricchi di elementi nutritivi, come il suolo vulcanico. Fertilità combinata con elevati livelli di pioggia e l'assenza di temperature estreme ha portato alla pianta fiorente e della fauna selvatica del mare che circonda l'Azzorre e a terra. Ciò ha reso la Azzorre una destinazione popolare per i pescatori grande gioco, e anche per i subacquei. La subacquea è una attività preferite dai turisti nella speranza di intravedere la mante e squali bianchi o capodogli che vivono lì.Fino al 1980 Pico Isola aveva una grande industria baleniera. In questo momento continuano a beneficiare delle balene via del turismo. Le balene si vede molto vicino alla terra come la posizione dell'isola sulla dorsale medio-atlantica, il drop off da riva è incredibilmente ripida. La flora dell'isola è quasi esclusivamente europea.

venerdì 11 giugno 2010

Due settimane alla partenza




Mancano due settimane alla partenza, ora ho già qualche coordinata in più: ho una casa a Horta, presso Maria Felix, in Canada das Dutras, un posto arrampicato, più o meno dove c'è la sede dell'Assembleia Regional. L'indirizzo non compare neppure su Google Maps, ma chi conosce fa ironia dicendo che alla fine di questi due mesi avrò delle gambe bellissime...

mercoledì 19 maggio 2010

San Salvario



San Salvario mi piace perchè è un quartiere vario e colorato. Non mi piacciono tanto i suoi locali, non tutti, ma San Salvario nel complesso sì, soprattutto di giorno, a negozi aperti.
Girando mezz'ora per cercare parcheggio, per andare a sentire il concerto dei Papatachos al Barnum, pensavo a quelli che si sono persi il rifiorire di San Salvario e se lo ricordano pericoloso e zozzo, e alle guide turistiche di Torino che lo definiscono un quartiere multietnico da cui tenersi però alla larga dopo una certa ora... sai... le vie e i quartieri intorno alle stazioni...
Sarà che ho una soglia della paura diversa (se hai lavorato in via Cottolengo e sei passato mille volte in via Sigismondo Gerdil nessun quartiere malfamato europeo ti può fare paura), sarà che son convinta che i "giri strani" girano bene su se stessi e non vengono a cercare proprio noi, sarà questo e sarà quell'altro, io a San Salvario ci sto a mio agio.
Così pensavo, girando con la macchina intorno a largo Saluzzo, finchè... eccolo lì! Quello sta andando via!!! Inchiodo e aspetto che il tizio appena salito in macchina faccia manovra e mi lasci il posto. Intanto butto l'occhio su un ometto tutto storto che ciondola sul marciapiede.
Il tizio in due manovre esce dal parcheggio, ingrano la prima e l'ometto ciondola fino al mio parcheggio; e mi guarda. Fa spavento, ha una cosa in bocca che non è quel che poteva sembrarmi prima, no no, non è una cicca, non è uno stuzzicadenti, non è una penna. È una siringa, di quelle piccole, da tossici.
Ehm. Potrei far finta di niente, ma ho la freccia inserita, sta lampeggiando inequivocabilmente e gli sta dicendo che voglio mettermi proprio lì dove c'è lui. Si sposta lentissimo verso la strada, accanto alla macchina davanti al mio parcheggio. Proprio quella che dovrò affiancare per fare retromarcia e inserirmi in quel posticino. Ora mi guarda fisso, con la sua siringa in bocca.
Decido che quel posto dev'essere mio e che lui si deve togliere. Proviamo. Avanzo piano piano e arrivo a un metro dalle sue gambe. Niente. Mmmmmmhhh... Ti devi togliereeeeeeeeeeeeee!!! Non posso mica scendere a dirteloooo!!!
Ho la faccia di una sopraffatta dallo sconforto e in quel momento sul marciapiede passano due ragazzoni neri. Li guardo fissi per un po' per cercare appoggio, magari mi tolgono l'ometto dai piedi. Si avvicinano, inclino anche un po' la testa per continuare a cercare il loro sguardo; si accorgono di me, ma non capiscono il problema. Pensano infatti che ci stia provando (devo rivedere la tecnica degli sguardi, l'ho sempre detto...) e allora si fermano, si avvicinano, si chinano verso il mio finestrino. Uno mi fa l'occhiolino. L'altro mi dice ciao. Sposto lo sguardo dall'altra parte, l'ometto è ancora lì che ciondola e mi guarda... mmmmmhhh... Poi uno dei due ragazzoni inizia a battere sul finestrino con tutte e due le mani, in modo simpatico, non aggressivo, con un sorriso gigante, dicendo ciao bella.
È in quel momento che mi viene da ridere, e rido. Gli faccio un gesto con la mano per dirgli che non ce n'è e per sdrammatizzare. Mi giro dall'altra parte e l'ometto sta ciondolando via.
Parcheggio.
Comunque San Salvario è un posto che consiglio a tutti.

domenica 2 maggio 2010

sei pazza???



...sei pazza??? È sulla faglia! - ha detto Alberto l'altro giorno guardando la mappa.

sabato 1 maggio 2010

il mare di Elisa



Un raggio di sole fende
bizzarre nuvole,
orsi, leoni marini, mandragole.
Nuotando inseguo quel raggio
che pare avvitarmi,
invitarmi
oltre,
oltre lo spazio,
oltre il tempo,
oltre tutta la luce.
È leggero,
è morbido, melodioso,
è infinito cobalto.

giovedì 22 aprile 2010

In linea con l'Oceano Atlantico



Ecco. Di nuovo in linea con l'Oceano Atlantico. Non amo parlare al telefono, mi imbarazza sempre, anche quando parlo con le persone con cui ho più confidenza. Figuriamoci se si tratta di chiamare fin laggiù. Lascio passare mesi tra una telefonata e l'altra, credo anche per paura di sentirmi dire che mi sono sognata tutto, che non c'è nessun Café Sport e tantomeno qualcuno in quella cucina che mi aspetta!
E invece anche oggi è scivolata via liscia:
- Buongiorno, parla Giada dall'Italia!
- Ah, sì, buongiorno!
(sa chi sono, è già qualcosa)
- Volevo avvisarla che ho comprato i biglietti, arrivo il 27 di giugno...
- Sì? Va bene.
- E poi volevo sapere: ha notizie riguardo alla stanza da affittare?
- Sì... Un momento...

E via con cinque minuti di diretta delirante dal Café Sport mentre lui, il proprietario si assenta perchè lo hanno chiamato. Le telefonate precedenti erano state più tranquille: silenzio, poi rumore lontano di bicchieri e voci di due, massimo tre persone.
Questa volta invece lui ha poco tempo, è distratto, come sottofondo c'è un vociare pazzesco di persone, rumore di bar affollato. E sono le dieci del mattino, ora locale.
Mi emoziono un po', resto in ascolto affascinata (meno male che c'è Skype) e mi diverte pensare che José mi abbia passato un attimo il Café Sport, perchè facessimo un po' di conoscenza:
- Allora ci si vede fra due mesi...

- Eccomi, scusami!
- Nessun problema. Dicevo...la stanza...
- Sì, sì, stai tranquilla, sentiamoci fra una quindicina di giorni, dovrei sapere qualcosa di certo.
- D'accordo, a presto
- A presto

mercoledì 21 aprile 2010

Wish me luck


una fresca ragnatela
sventola come uno spinnaker
alla finestra aperta,
ed ecco salpare
il piccolo capitano
su un filo di latte.
augurami buona fortuna,
ammiraglio,
non ho portato a termine nulla
in tutto questo tempo.

Leonard Cohen

mercoledì 14 aprile 2010

Pane, muffins e giardinaggio. Ho degli hobbies da anziana perché la vita là fuori è già movimentata.


Tanto per cominciare bene, una mattinata di sole. Poi un'ora di riunione in cooperativa, dove mi ripetono (l'altro giorno credevo di aver capito male) che dalla prossima settimana sarò già un po' meno precaria e che da settembre avrò un contratto normale. Ma anche se non ci sarò tutto luglio e tutto agosto? Sì, certo! Ohmmadonnabona!
Ed esco da quel portone leggerissima, con un sacchetto pieno di colori a dita della giotto e mi sento un sacco naif. Ma anche molto figa (in effetti, da una rapida occhiata a ogni vetrina, questi occhiali da sole mi stanno benissimo).
Poi mi dirigo velocissima verso il centro (quando sono di buon umore vado come il vento e assumo una postura da gnocca. L'ho già detto?) e incontro Tiago che sta per partire per Sanremo (va a fare caricature a dei giocatori di poker) e la cosa mi mette ancora più di buon umore.
Arrivo a casa e decido che stasera al corso non ci vado. Taglio e bom.
E le Pine mi hanno già detto che vengono a cena, e allora inizio a spignattare, ormai decisa a buttare un pomeriggio intero.
È bello quando a un certo punto ti fermi e fai tutte quelle cose lentissime, che portano via un sacco di tempo, con tempi morti in mezzo a dir poco biblici. Altrimenti non è vero cazzeggio.
Fare il pane aiuta a fare ordine nel cervello. Prima uniamo l'acqua, il lievito, un filo d'olio e il sale alla farina, poi impastiamo per cinque minuti. Poi lasciamo riposare l'impasto per dieci minuti. Impastiamo ancora cinque minuti. Copriamo il tutto e lasciamo lievitare per un'ora. Passiamo a questo punto ai muffins, per metterci un po' alla prova (sìssì, anche nei momenti di relax) con i tempi stretti. Prova superata e ghigno da infallibile.
Dopo aver infornato i muffins possiamo tornare al nostro pane, che andrà spostato nella teglia da plum cake, dove riposerà per ben tre ore. Prima di lasciarlo tranquillo gli diamo una spolveratina di semi di papavero.
Non sono ancora le cinque, c'è una luce bella fuori e cinquanta bambini che giocano in cortile. Do l'acqua alle piante e mi rendo conto dello stato di abbandono in cui vegetano.
Inizia l'operazione di sfoltitura, sia dell'edera che delle piante grasse nei vasi da ringhiera.
Anche il gelsomino avrebbe bisogno di una ripulita, ma non oso ancora.
Decido di ripulire anche i vasi con le piante secche, una rassodatina al terreno e via con la moltiplicazione per talea delle piante grasse con i resti della ripulitura degli altri vasi.
L'importante è apparire sempre sicuri di quello che si fa, anche con le piante.

venerdì 26 marzo 2010

Donna di Porto Pim. Una storia

Tutte le sere canto, perché mi pagano per questo, ma le canzoni che hai ascoltato erano pesinhos e sapateiras per i turisti di passaggio e per quegli americani che ridono là in fondo e che fra un po' se ne andranno barcollando. Le mie canzoni vere sono solo quattro chamaritas, perché il mio repertorio è poco, e poi io sono quasi vecchio, e poi fumo troppo, e la mia voce è roca. Mi tocca vestire questo balandrau azzorriano che si usava una volta, perché agli americani piace il pittoresco, poi tornano nel Texas e raccontano che sono stati in una bettola di un'isola sperduta dove c'era un vecchio vestito con un mantello arcaico che cantava il folclore della sua gente. Vogliono la «viola de arame», che dà questo suono di fiera malinconica, e io gli canto modinhas sdolcinate dove la rima è sempre la stessa, ma tanto loro non capiscono e come vedi bevono gin tonico.
Ma tu, invece, cosa cerchi, che tutte le sere sei qui? Tu sei curioso e cerchi qualcos'altro, perché è la seconda volta che mi inviti a bere, ordini vino di cheiro come se tu fossi dei nostri, sei straniero e fai finta di parlare come noi, ma bevi poco e poi stai zitto e aspetti che parli io. Hai detto che sei scrittore, e forse il tuo mestiere ha qualcosa a che vedere col mio. Tutti i libri sono stupidi, c'è sempre poco di vero, eppure ne ho letti tanti negli ultimi trent'anni, non avevo altro da fare, ne ho letti molti anche italiani, naturalmente tutti in traduzione, quello che mi è piaciuto di più si chiamava Canaviais no vento, di una certa Deledda, lo conosci? E poi tu sei giovane e ti piacciono le donne, ho visto come guardavi quella donna molto bella dal collo lungo, l'hai guardata tutta la sera, non so se stai con lei, anche lei ti guardava e forse ti sembrerà strano ma tutto questo mi ha risvegliato qualcosa, dev'essere perché ho bevuto troppo. Ho sempre scelto il troppo, nella vita, e questa è una perdizione, ma non ci puoi far niente se sei nato così.
Davanti alla nostra casa c'era un'atafona, in quest'isola si chiamava così, era una specie di noria che girava in tondo, ora non esistono più, ti parlo di tanti anni fa, tu non eri ancora nato. SE ci penso sento ancora il cigolio, è uno dei rumori della mia infanzia che mi è restato nella memoria, mia madre mi mandava con la brocca a prendere l'acqua e io per alleviare la fatica accompagnavo il movimento con una ninna nanna, e a volte mi addormentavo davvero. Oltre la noria c'era un muro basso imbiancato a calce e poi lo strapiombo e in fondo il mare.
Eravamo tre fratelli e io ero il più giovane. Mio padre era un uomo lento, misurato nei gesti e nelle parole, con gli occhi così chiari che parevano d'acqua, la sua barca si chiamava «Madrugada», che era anche il nome da casa di mia madre. Mio padre era baleniere, come lo era stato suo padre, ma in una certa epoca dell'anno, quando le balene non passano, praticava la pesca alle murene, e noi andavamo con lui, e anche nostra madre. Ora non si usa più così, ma quando io ero bambino si usava un rito che faceva parte della pesca. Le murene si pescano la sera, quando cresce la luna, e per chiamarle si usava una canzone che non aveva parole: era un canto, una melodia prima bassa e languida e poi acuta, non ho più sentito un canto un canto con tanta pena, sembrava che venisse dal fondo del mare o da anime perdute nella notte, era un canto antico come le nostre isole, ora non lo conosce più nessuno, si è perduto, e forse è meglio così perchè aveva con sé una maledizione o un destino, come una magia. Mio padre usciva con la barca, era notte, muoveva i remi piano, a perpendicolo, per non fare rumore, e noi altri, i miei fratelli e mia madre, ci sedevamo sulla falesia e cominciavamo il canto. C'erano volte che gli altri tacevano e volevano che chiamassi io, perchè dicevano che la mia voce era melodiosa come nessun'altra e che le murene non resistevano. Non credo che la mia voce fosse migliore di quella degli altri: volevano che cantassi io solo perché ero il più giovane e si diceva che le murene amano le voci chiare. Forse era una superstizione senza fondamento, ma questo non importa.
Poi noi crescemmo e mia madre morì. Mio padre si fece più taciturno e a volte, la notte, stava seduto sul muro della falesia e guardava il mare.
Ormai uscivamo solo per le balene, noi tre eravamo grandi e forti, e mio padre ci affidò arpioni e lance, come la sua età esigeva. Poi un giorno i miei fratelli ci lasciarono. Quello di mezzo partì per l'America, lo disse solo il giorno della partenza, io andai al porto a salutarlo, mio padre non venne. L'altro andò a fare il camionista in continente, era un ragazzo ridanciano che aveva sempre amato il rumore dei motori, quando la guardia repubblicana venne a comunicarci l'incidente io ero solo in casa e a mio padre lo raccontai a cena.
Continuammo noi due ad andare a balene. Ora era più difficile, bisognava affidarsi a braccianti di giornata, perché in meno di cinque non si può uscire, e mio padre avrebbe voluto che mi sposassi, perché una casa senza una donna non è una vera casa.
Ma io avevo venticinque anni e mi piaceva giocare all'amore, tutte le domeniche scendevo al porto e cambiavo innamorata, in Europa era tempo di guerra e nelle Azzorre la gente andava e veniva, ogni giorno una nave attraccava qui o altrove, e a Porto Pim si parlavano tutte le lingue.
La incontrai una domenica sul porto. Vestiva di bianco, aveva le spalle nude e portava un cappello di trina. Sembrava scesa da un quadro e non da una di quelle navi cariche di persone che fuggivano nelle Americhe. La guardai a lungo e anche lei mi guardò.
È strano come l'amore può entrare dentro di noi.
In me entrò col notare due piccole rughe accennate che aveva intorno agli occhi e pensai così: non è più tanto giovane. Pensai così perché forse a quel ragazzo che ero una donna matura sembrava più vecchia della sua età reale. Che aveva poco più di trenta anni lo seppi solo molto più tardi, quando sapere la sua età non serviva più a niente. Le detti il buon giorno e le chiesi se potevo esserle utile. Mi indicò la valigia che stava ai suoi piedi. Portala al Bote, mi disse nella mia lingua. Il Bote non è un luogo per signore, dissi io. Io non sono una signora, rispose, sono la nuova padrona.
La domenica seguente scesi di nuovo in città.
Il Bote a quei tempi era un locale strano, non era esattamente una locanda per pescatori e io vi ero entrato una sola volta. Sapevo che c'erano due separé sul retro dove dicevano che si giocava di denaro, e la stanza del bar aveva una volta bassa, con una specchiera arabescata e i tavolini di legno di fico. I clienti erano tutti stranieri, pareva che fossero tutti in vacanza, in realtà passavano la giornata a spiarsi, ciascuno fingendo di essere di un paese che non era il suo, e negli intervalli giocavano a carte.
Faial, in quegli anni, era un luogo incredibile. Dietro al bancone c'era un canadese basso, con le basette a punta, si chiamava Denis e parlava il portoghese come quelli di Cabo Verde, lo conoscevo perchè il sabato veniva al porto a comprare il pesce, al Bote si poteva cenare, la domenica sera. Fu lui che poi mi insegnò l'inglese.
Vorrei parlare con la padrona, dissi. La signora viene solo dopo le otto, rispose con superiorità. Mi sedetti a un tavolo e ordinai la cena. Verso le nove lei entrò, c'erano altri avventori, mi vide e mi fece un saluto distratto, e poi si sedette a un angolo dove c'era un vecchiosignore coi baffi bianchi. Solo allora sentii quanto fosse bella, di una bellezza che mi faceva bruciare le tempie, era questo che mi aveva portato lì, ma fino a quel momento non ero riuscito a capirlo con esattezza. E in quel momento ciò che capivo mi si ordinò dentro con chiarezza e mi dette quasi una vertigine. Passai la sera a fissarla, coi pugni appoggiati alle tempie, e quando uscì la seguii a distanza. Lei camminava leggera, senza voltarsi, come chi non si preoccupa di essere seguito, attaversò la porta della muraglia di Porto Pim e cominciò a discendere la baia. Dall'altra parte del golfo, dove termina il promontorio, isolata fra le rocce, fra un canneto e una palma, c'è una casa di pietra. Forse l'hai già notata, ora è una casa disabitata e le finestre sono cadenti, ha qualcosa di sinistro, un giorno o l'altro crollerà il tetto, se non è già crollato. Lei abitava là, ma allora era una casa bianca con riquadri azzurri su porte e finestre. Entrò e chiuse la porta e la luce si spense. Io mi sedetti su uno scoglio e aspettai. A metà della notte si accese una finestra, lei si affacciò e io la guardai. Le notti sono silenziose a Porto Pim, basta sussurrare nel buio per sentirsi a distanza. Lasciami entrare, la supplicai. Lei chiuse la persiana e spense la luce. La luna stava sorgendo, con un velo rosso di luna d'estate. Sentivo uno struggimento, l'acqua sciabordava attorno a me, tutto era così intenso e così irraggiungibile, emi ricordai di quando ero bambino e la notte chiamavo le murene dalla falesia: e allora mi dette una fantasia, non seppi trattenermi, e cominciai a cantare quel canto. Lo cantai piano piano, come un lamento o una supplica, con una mano all'orecchio per guidare la voce. Poco dopo la porta si aprì e io entrai nel buio della casa e mi trovai fra le sue braccia. Mi chiamo Yeborath, disse soltanto.
Tu lo sai cos'è il tradimento? Il tradimento, quello vero, è quando senti vergogna e vorresti essere un altro. Io avrei voluto essere un altro quando andai a salutare mio padre e i suoi occhi mi seguivano mentre fasciavo l'arpione con la tela cerata e lo appendevo a un chiodo di cucina e mi mettevo a tracolla la viola che mi aveva regalato per i miei vent'anni. Ho deciso di cambiare mestiere, dissi rapidamente, vado a cantare in un locale di Porto Pim, verrò a trovarti il sabato. E invece quel sabato non andai, e nemmeno il sabto seguente, e mentendo a me stesso mi dicevo che sarei andato il sabato venturo. E così venne l'autunno, e passò l'inverno, e io cantavo. Facevo anche altri piccoli lavori, perché a volte certi avventori bevevano troppo e per sorreggerli o cacciarli era necessario un braccio robusto che Denis non possedeva.
E poi ascoltavo quello che dicevano gli avventori che fingevano di stare in vacanza, è facile ascoltare le confidenze degli altri quando si è cantante di taverna, e come vedi è anche facile farne. Lei mi aspettava nella casa di Porto Pim e ormai non dovevo più bussare. Io le chiedevo: chi sei, da dove vieni?, perché non andiamo via da questi individui assurdi che fanno finta di giocare a carte, voglio stare con te per sempre. Lei rideva e mi lasciava intendere la ragione di quella sua vita, e mi diceva: aspetta ancora un po' e ce ne andremo insieme, devi fidarti di me, di più non posso dirti. Poi si metteva nuda alla finestra e guardava la luna e mi diceva: canta il tuo richiamo, ma sottovoce. E mentre io cantavo mi chiedeva che la amassi, e io la prendevo in piedi, appoggiata al davanzale, mentre lei guardava la notte come se aspettasse qualcosa.
Successe il dieci di agosto. Per San Lorenzo il cielo è pieno di stelle cadenti, ne contai tredici tornando a casa. Trovai la porta chiusa, e io bussai. Poi bussai di nuovo, con più forza, perchè la luce era accesa. Lei mi aprì e restò sulla porta, ma io la scostai con un braccio. Parto domani, disse, la persona che aspettavo è tornata. Sorrideva come se mi ringraziasse,e chissà perchè pensai che pensava al mio canto. In fondo alla stanza una figura si mosse. Era un uomo anziano e si stava vestendo. Che cosa vuole?, le chiese in quella lingua che io ora capivo. È ubriaco, disse lei, una volta faceva il baleniere ma ha lasciato l'arpione per la viola, durante la tua ssenza mi ha fatto da servo. Mandalo via, disse lui senza guardarmi.
C'era un riflesso chiaro sulla baia di Porto Pim. Percorsi il golfo come se fosse un sogno, quando ci si trova subito all'altra estremità del paesaggio. Non pensai a niente, perché non volevo pensare. La casa di mio padre era spenta, perché lui si coricava presto. Ma non dormiva, come spesso succede ai vecchi che giacciono immobili nel buio come se fosse una forma di sonno. Entrai senza accendere il lume, ma lui mi sentì. Sei tornato, mormorò. Io andai alla parete di fondo e staccai il mio arpione. Mi muovevo alla luce della luna. Non si va alle balene a quest'ora della notte, disse lui dal suo giaciglio. È una murena, dissi io. Non so se capì cosa volevo dire, ma non replicò e non si mosse. Mi parve che mi facesse un segno di saluto con la mano, ma forse fu la mia immaginazione o un gioco d'ombra nella penombra. Non l'ho più rivisto, morì molto prima che scontassi la mia pena. Anche mio fratello non l'ho più rivisto. L'anno scorso mi è arrivata una sua fotografia, è un uomo grasso coi capelli bianchi circondato da un gruppo di sconosciuti che devono essere i figli e le nuore, sono seduti sulla veranda di una casa di legno e i colori sono esagerati come nelle cartoline. MI diceva che se volevo andare da lui, là c'è lavoro per tutti e la vita è facile. Mi è parso quasi buffo. Cosa vuol dire una vita facile, quando la vita è già stata?
E se tu ti trattieni ancora un po' e la voce non si incrina, stasera ti canterò la melodia che segnò il destino di questa mia vita. Non l'ho più cantata da trent'anni e può darsi che la voce non regga. Non so perché lo faccio, la regalo a quella donna dal collo lungo e alla forza che ha un viso di affiorare in un altro, e questo forse mi ha toccato una corda.
E a te, italiano, che vieni qui tutte le sere e si vede che sei avido di storie vere per farne carta, ti regalo questa storia che hai sentito. Puoi anche mettere il nome di chi te l'ha raccontata, ma non quello con cui mi conoscono in questa bettola, che è un nome per i turisti di passaggio. Scrivi che questa è la vera storia di Lucas Eduino, che uccise con l'arpione la donna che aveva creduto sua, a Porto Pim.
Ah, su una sola cosa lei non mi aveva mentito, lo scopersi al processo. Si chiamava davvero Yeborath. Se questo può contare qualcosa.

Antonio Tabucchi

mercoledì 24 marzo 2010

Anisakis e le altre

La voglia di sedersi a un banco di scuola era sinceramente poca, ma quando ci si decide a mettere in piedi la tasquinha non si può farla tanto facile, bisogna prepararsi.
E allora ci si iscrive al corso di somministrazione alimenti e bevande perchè altrimenti, se uno non ha maturato due anni di esperienza nel settore, un locale non lo apre.
Già dal nome questo corso faceva presagire il peggio. Somministrare sa di una cosa che si fa coi guanti in lattice, il camice bianco e la mascherina. E infatti se uno si attiene alle regole è proprio così. La cucina di un ristorante, come quella della piola più infima, dev'essere un luogo da cui batteri e virus devono tenersi molto alla larga.
E allora alla quinta lezione d'igiene – ovvero, quella dopo le entusiasmanti prime quattro lezioni tenute dallo chef – ecco che arriva l'ispettore dell'Asl. Ed ecco che la musica cambia.
Non che lo chef l'avesse fatta facile, ma non è il suo mestiere andare in giro per ristoranti a fare ispezioni, prelevare campioni del tuo arrosto da analizzare, fare un tampone all'affettatrice per verificare la carica batterica. L'ispettore, un signore simpatico e affabile, arriva invece con sottobraccio un faldone che, nel corso della lezione, scopriremo zeppo di foto splatter.
Prima un giro di casi drammatici: il ristoratore che, pensando fosse un blocco unico, non aveva mai smontato e pulito all'interno l'affettatrice; oppure la barista con un taglio sul dito (e un cerotto lurido sopra) con cui maneggiava tranquilla il prosciutto e i panini.
Poi un giro di articoli di giornale: 20 tipi diversi di urine trovati dall'analisi di un aperitivo nel centro di Milano (a Torino, anche se ci crediamo migliori e siamo di meno, sarà mica tanto diverso...).
Infine una lunga carrellata di parassiti dai nomi buffi, un po' vezzosi: la trichinella della carne ovina, la popolarissima tenia, e poi lei... la più pericolosa, la diva, quella che ti buca l'intestino: la larva di anisakis, del pesce crudo (ma se andiamo a mangiare il sushi sono mica pazzi che ce la fanno trovare, dai).
Durante la lezione dell'ispettore è calato in classe un silenzio di tomba. Gli occhi di tutti, chi più chi meno, pieni di terrore. Sarà stato un po' lo schifo (la carrellata di foto) e un po' l'idea di trovare l'ispettore, un giorno, davanti alla porta del tuo ristorante.
Ogni sera, dopo il corso, una nuova fonte di stress si aggiunge a tutte le altre, depositate nelle lezioni precedenti. Il tutto si ripercuote sulla vita quotidiana, soprattutto ai fornelli: nemici come la contaminazione crociata non possono avere la meglio su di me, perchè ora so come combatterli! Tempo, temperatura e umidità; tempo, temperatura e umidità; tempo, temperatura e umidità. ...Com'è che non vi riproducete più tanto volentieri, voi lì dentro, eeehh!!!???? Fa freddo? Avete troppo caldo? Non ne avete più la forza? Uh, mi spiace... Looooosersss!!!*
E via discorrendo.
Non resta che augurarsi che i miei nervi reggano tutto questo e arrivino, sani, forti e consapevoli, fino all'apertura della tasquinha e oltre.

* Discorso ai batteri

sabato 20 marzo 2010

La banda biscotti

La banda biscotti esiste davvero e si trova a Verbania. Per saperne di più c'è il sito: www.bandabiscotti.it
I biscotti (sì, la banda produce chiaramente biscotti) sono buonissimi, ma hanno ancora poca distribuzione. Quando aprirò la tasquinha sarò la loro prima distributrice torinese (ma ben venga se qualcuno arriverà prima di me!). Oppure possiamo anche fare una gita sul Lago Maggiore e andarceli a comprare!!! Domani è primavera! A quando la gita???