lunedì 25 ottobre 2010

Piccola postilla su Dona Lourdes

Dopo il giretto per le isole con Alberto, l'ultima sera sono tornata al Peter a salutare tutti. Ovviamente sono stata immediatamente aggiornata dalle cuoche sulle vicende accadute in mia assenza. Il fatto più drammatico è avvenuto quando dona Lourdes, stanca di sentirsi chiamare Radio Antena Nove (la radio dell'isola), è volata al collo di Dona Isabel.
È successo che Dona Bel era in cucina, è squillato il telefono e lei ha risposto; era Simone, che quella sera non stava bene, era rimasta a casa e voleva sapere se tutto stava procedendo bene in cucina. Bel ha detto che sì, tutto liscio, poca gente, bla bla bla, Radio Antena Nove l'indomani sarebbe entrata alla tale ora ecc.
Ormai tutti l'avevano ribattezzata, insomma, dopo un po' che dai un nomignolo (anche cattivo) a una persona, non ci pensi più, lo usi con scioltezza, non fa neanche più ridere.
Sta di fatto che Lourdes si sente nominare per l'ennesima volta in quel modo, non ce la fa più, corre dalla sua postazione-patate verso l'ignara Bel che parla al telefono, la afferra per il collo e grida: non mi chiamo Radio Antena Noveeeee!!!! Scuotendo la sua vittima e avvicinandola pericolosamente alla griglia incandescente.
E bom. Bel inizia a gridare e a dimenarsi, Simone dall'altra parte del telefono si spaventa a morte, e tutte addosso a quel gatto furioso di Dona Lourdes per liberare Bel.
Insomma, un po' mi mancano...

giovedì 14 ottobre 2010

Di navigazioni accidentate e viaggetti mossi

Questo post ho iniziato a scriverlo in nave, poi ho dovuto smettere perchè mi veniva da vomitare (onde lunghe e cavalloni insieme), e non l'ho più continuato.

Siamo al porto di Praia da Vitória, isola di Terceira, sulla nave che ci porterà all'isola di Graciosa. Se calhar. Forse.
Sono stati giorni di vacanza all'insegna di incertezza, false partenze, onde alte, piogge e cambi di programma. Tutto questo fa apprezzare di più il riuscire a mettere i piedi finalmente su un'isola e girarla anche solo per poche ore.
Flores.
Partiamo lunedì mattina da Horta per prendere il nostro aeroplanino diretto a Flores, l'isola più occidentale di tutte. Io sono in fibrillazione, finalmente dopo due mesi metto il naso fuori da Faial. Alberto è rilassato e soddisfatto. Ma dopo un po' di attesa all'aeroporto ci dicono che il nostro turboelica non parte, a Flores le condizioni meteorologiche sono pessime. Tutti i voli della giornata vengono cancellati e noi ci riproviamo il giorno dopo. Il giorno dopo riusciamo a partire e ci facciamo l'atterraggio più spettacolare della storia, con l'aereo inclinato (forse per non farsi portare via dal ventaccio che prova a insinuarsi sotto l'ala...) e a velocità smodata (per fare una citazione colta). Va bene, siamo vivi e siamo a Flores. Stupidamente non ho prenotato una macchina prima della partenza e il risultato è che sull'isola non ci sono più macchine da affittare. I turisti che dovevano uscire dall'isola non ci sono riusciti, ma bastano quelle 80 persone in più (i passeggeri del nostro volo) per far collassare il precario sistema turistico azzorriano.
Non importa, giriamo in taxi, costa solo un po' di più, ma non troppo.
Così la mattina successiva il nostro taxi driver César Fonseca ci lascia su ai laghi. L'accordo è che ci sentiamo nel pomeriggio, noi facciamo un giro ai laghi, poi scendiamo giù a piedi fino al mare, alla città di Fajã Grande. È un po' lunga ma è tutta in discesa.
Nuvoloni grigi minacciano pioggia, ma almeno fa caldo e non c'è vento. Appena scendiamo dalla macchina in mezzo ai prati verdi, appena César fa manovra e se ne va, veniamo investiti da un muro di pioggia che vediamo letteralmente arrivare, sentiamo passare sopra di noi e dopo due minuti allontanarsi. La prendiamo allegramente, giriamo tutti e quattro i laghi (lagoa Funda, lagoa Comprida, lagoa Branca e lagoa Seca) tra sentieri fangosissimi, senza incontrare anima viva (ma dove sono tutti???), investiti ogni dieci minuti da una secchiata d'acqua. Quel posto (una via di mezzo tra la Scozia e il Vietnam) è talmente bello che non ci si può lamentare. E poi giù, sulla strada asfaltata, sotto un bel sole caldo, fino al mare, con l'intenzione di farla tutta, senza fretta, senza chiamare un taxi, né fare l'autostop. Dopo soli tre chilometri veniamo caricati in macchina da un signore (senza che avessimo chiesto nulla...), che va proprio dove volevamo andare noi (non c'è molto da scegliere) e che dopo un chilometro carica su anche un altro tizio che sta cercando le sue due vacche (che non erano più nel prato dove le aveva lasciate). A Fajã Grande ci si svacca un po'. Baretto, caffettino, Alberto addenta un pezzo di pizza al bacalhau (???!!!). Buonissima. Poi bagnetto (io no, colpa del venticello bastardo che quando esci dall'acqua ti secca, preferisco la birretta al bar di fronte).



Dalle Azzorre sono tornata da quasi 2 mesi ('fanculo alla tizia che mi ha detto: dai? ...azzorre?! ma dov'è caduto quell'aereo a elica qualche anno fa!) e sembrano lontanissime. In effetti lo sono, in tutti i sensi! E allora parliamo d'altro, no? Sono felice.